"Da qualche tempo distinguo il termine industrial design dalla parola design,che in inglese significa progettare. Si potrebbe progettare anche un assalto al teatro di Mosca; invece c'è un disegno particolare, specifico, che è quello che si fa per l'industria, per la produzione, per i mercati: questo è disegno industriale." Ettore Sottsass

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martedì 4 gennaio 2011

I libri oggetto di Bruno Munari: libri illeggibili.

Nel 1949 Munari progetta per la prima volta una serie di “libri illeggibili”, opere che definitivamente rinunciano alla comunicazione testuale a favore della sola funzione estetica.
Non semplicemente supporto per il testo, la carta comunica un messaggio attraverso il formato, il colore, i tagli e la loro alternanza. Si omettono gli elementi che costituiscono il libro tradizionale, come il colophon e il frontespizio, e la lettura diventa lo svolgersi cadenzato di una composizione musicale, con timbri sempre diversi nell’alternarsi delle pagine.



Nei libri di Munari ogni elemento si fa carico di contenuti semantici specifici che riguardano la carta, lo spessore, la trasparenza, il colore e il formato delle pagine. All'esperienza visiva della texture, con qualità di lucido o di opaco, si affianca l'esperienza tattile legata al senso della morbidezza o della durezza, oltre alle fustellature e le pieghe.


 


Libro illeggibile N.Y.1
«È un libro di comunicazione plurisensoriale, oltre che visiva. Fu così che nacquero i "libri illeggibili", così chiamati perchè non c'è niente da leggere ma molto da conoscere attraverso i sensi»



Libro illeggibile. Così si chiama questo volume che Munari ha realizzato nel 1967 per il Museum of Modern Art di New York, in occasione della mostra "Two graphic designers".
È un libro di cartoncino rosso, nero e grigio. Cartoncino bucato, con fori perfettamente rotondi che lasciano intravedere le pagine successive, che come porte ci conducono a un cuore di pagine traslucide che svelano piano piano il percorso di un luminoso filo rosso.


Questo filo attraversa lo spazio, per sparire infine nell'ultima pagina, giocando con le spirali-scarabocchio che Munari dissemina tra le pagine. È un libro senza storia, senza parole, ma racconta molto di noi stessi. I colori vengono percepiti da ognuno in modo unico. Non si tratta solo di vedere ma di sentire in un senso ampio. Con il tatto: carta ruvida che si alterna a carta liscia; con l'olfatto: il cartoncino, i fogli traslucidi, e il libro hanno odori distinti (e chissà dov'è stato conservato, questo volumetto così sorprendente, prima che approdasse fra i nostri libri); con l'udito: scorrendo fra le pagine, il filo non fa sempre lo stesso rumore, perché interagisce con carte diverse in modo diverso.


Questo non è il primo libro "illeggibile" di Munari, che lo crea quando ormai da anni ragiona sui menabò, cioè sui modelli "nudi" dei libri, che ancora non sono stati riempiti dalle parole e dalle immagini. Gli interessa la forma, non come concetto, bensì per come la possiamo sentire, e per come effettivamente la sentiamo.
Nel 1949 alla Libreria Salto di Milano espone i primi illeggibili. Alberto Mondadori, che scrive il testo di presentazione, ci regala questa bellissima riflessione:

«Forme, colori, spazi, accordi, ritmi, possono essere usati come linguaggio per esprimere delle sensazioni, degli stati d'animo, per "raccontare" qualcosa. (...) Colori allegri, colori tristi, drammatici, pesanti, vaporosi, forme lievi, fragili, decise o accennate, angolose o morbide, pagine sottilissime, pagine rigide, molli o dure, opache o trasparenti, intatte o strappate, possono diventare un linguaggio comune ad ogni essere umano.»

Fonti:
http://www.corraini.com/scheda_libro.php?id=35
http://www.munart.org/index.php?p2=1

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